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Leadership e Governance per gestire i conflitti nelle aziende familiari

Dalla leadership del fondatore alla governance condivisa: come affrontare le sfide del passaggio generazionale e preservare il valore dell’impresa familiare nel lungo periodo.

Le aziende familiari hanno influenzato la storia economica mondiale in tutte le epoche, rappresentando fino alla rivoluzione industriale, in maniera quasi esclusiva, l’organizzazione imprenditoriale. Ad esse dobbiamo ambizioni di prosperità, progetti di crescita, sviluppo e innovazioni determinanti. Solo con la necessità di ingenti capitali di investimento, di gran lunga superiori a quelli disponibili a singole famiglie nei secoli scorsi, si è aperta la strada alle società di capitali, imprese pubbliche e alle holding finanziarie.

E’ diffusa la convinzione che le imprese familiari abbiano maggiore attenzione al vissuto dei dipendenti e del singolo cliente a cui spesso sono legate da un rapporto di riconoscenza di lunga durata, oltre che per i ricavi garantiti e l’attività prestata, anche per aver creduto nell’impresa dall’inizio o dimostrando fedeltà durante momenti più o meno difficili della loro storia. Clienti e dipendenti sono spesso considerati un tesoro personale insostituibile.

Il rapporto con clienti, fornitori e dipendenti, visibile nel quotidiano e agito dall’imprenditore, più che scritto e dichiarato su codici di condotta, è spesso il primo set di valori da decodificare per comprendere quale sia la cultura organizzativa e le aspettative da chiunque vi ruoti attorno. Familiare come tante altre ma specifica come la personalità di chi l’ha fondata.


Le aziende di famiglia spesso sono diventate grandi e continuano a diventarlo tutt’oggi attraverso il nome del fondatore/i che può risultare più riconoscibile della stessa holding creata e quotata e continuando ad essere garanzia per il fondo istituiti per operazioni straordinarie.

Il successo dell’imprenditore e dei soci fondatori attraverso le avversità superate assieme, lo stile riconoscibile e coerente a sé stesso, rappresentano per definizione il modello di leadership che ha tenuto la rotta dell’organizzazione, ha gestito i conflitti, ha negoziato le condizioni con interlocutori interni ed esterni, ha attratto e trattenuto dipendenti, ha spesso sacrificato gli utili per evitare un eccesso di ricorso a capitale di debito ed evitato la perdita del controllo proprietario per inseguire il sogno di garantire la continuità a generazioni successive.


 

La flessibilità e la capacità di reagire al mercato da parte dell’imprenditore, adottando decisioni snelle e spesso autofinanziate risultano spesso vincenti e opportunamente calibrate nel breve e medio periodo, tuttavia possono non essere sufficienti a superare le complessità sul lungo periodo e i rischi legati al passaggio generazionale.In questa fase critica del percorso aziendale, i valori e la personalità del fondatore, lasciano il posto a contesto meno definiti dove alla propria leadership si miscelano dinamiche familiari ad approcci gestionali e obiettivi economici differenti. La “sindrome di Buddenbroock”, facendo riferimento al celebre romanzo di Thomas Mann è spesso considerato come una legge naturale in grado di spiegare l’ascesa e la declinazione di una dinastia familiare nel giro di 3 generazioni, indipendentemente dalle dimensioni organizzative. Infatti, una ricerca di J.P Morgan ha rilevato che solo il 15% delle aziende presenti sulla lista dei 400 di Forbes è riuscita a rimanervi a distanza di 25 anni .La leadership dell’imprenditore, per quanto forte e visionaria spesso da sola non basta a leggere le sfide che avrà davanti e diventa necessario un supporto manageriale in grado di fornire un punto di vista strutturato su Risorse Umane, strategie, mercati.

Il modello di May ci viene in aiuto, a prescindere dalle dimensioni aziendali, per comprendere le sfide e le complessità che con l’aiuto di una governance esterna la società dovrà affrontare sulla base del suo posizionamento su tre assi che considerano:1. L’Impegno Imprenditoriale (Struttura Aziendale);2. Il Tipo di proprietà familiare (Struttura Proprietaria);3. L’Influenza sull’impresa (Struttura della Governance).


 

Struttura Aziendale

I primi anni dell’azienda familiare sono denotati, dalla ricerca del successo sul mercato e la stabilità finanziaria da parte dei fondatori. Il consolidamento, quando raggiunto, prosegue assieme ad una progressione organizzativa ricercando efficienza dei processi. La prima complessità da affrontare, guidata anche da dimensione e risorse disponibili, porta i fondatori a riflettere sulla convenienza strategica di posizionarsi con un approccio focalizzato su un solo prodotto/servizio o mercato o diversificato su più attività fino ad arrivare, nei casi più evoluti, fino a costituire un “Family Investment Office”


Struttura Proprietaria

Tipicamente quando l’azienda cresce, evolve assieme alla famiglia: l’ecosistema imprenditoriale si arricchisce di figli, consorti e cugini. Con il tempo al fondatore possono affiancarsi e sostituirsi nuovi soci familiari, sopraggiunti nel tempo o generati da successioni e/o legami familiari allargati. La prima distinzione è quella fra soci attivi e inattivi nella gestione. Con essa si generano complessità relazionali e potenzialmente conflittuali da non sottovalutare da parte dell’imprenditore.

Se la leadership del fondatore o del nucleo primordiale dei soci inizialmente era chiaramente associato a decisioni, linee guida e soluzioni a problemi incontrati, con il passare del tempo finisce con il diluirsi. Una struttura che passa dal socio unico, alla società tra fratelli, consorzi fra cugini e dinastia familiare, conduce a negoziare con personalità, diritti acquisiti, interessi e visioni strategiche differenti non solo sul business, ma su progetti di vita e valori, spesso molto distanti. I fratelli, una volta superato lo scoglio della successione e messe da parte le rivalità, affrontano complessità dettate da interesse più o meno marcato alla gestione attiva e la possibile assenza delle competenze necessarie. Tuttavia con il passaggio alla gestione attuata da cugini (spesso allargata ai rispettivi partner) e la distanza nel tempo dal progetto originale, si può generare l’effetto di moltiplicare le rivalità solo superficialmente risolte tra fratelli.


In questo stadio di sviluppo, senza una chiara e imparziale Governance definita da un leader lungimirante sin dalle prime fasi, ci si espone a divergenze sul progetto strategico con le quote disponibili ai nuovi soci messe in discussione attraverso la dimostrazione di competenze e capacità gestionali superiori che possono diventare strumenti di rivalsa verso gli altri rami della famiglia.


Struttura della Governance

La gestione può passare dalla conduzione centralizzata dell’imprenditore, alla gestione da parte della famiglia con ruoli diversi, un controllo economico familiare con diverse gradazioni di presenza attiva nella gestione fino ad una delega totale ad agenti esterni preservando il controllo economico pur ammettendo la presenza di partecipazioni esterne alla famiglia.Quest’ultima dimensione del modello di May, quella della Governance, è quello che con le sue combinazioni ci viene maggiormente a supporto delle sfide che la struttura aziendale e della proprietà devono affrontare e a cui, nel caso delle imprese di famiglia, spesso dovranno sopravvivere.Una Governance basata sul supporto attraverso un manager esterno alle dinamiche familiari, può fare la differenza nel determinare le scelte strategiche aziendali più opportune sulle persone, la valutazione delle prestazioni, l’allocazione di risorse finanziarie.In particolare, nel caso di un proprietario unico, il manager esterno può fornire supporto con un alto livello di competenze gestionali e specialistiche, può essere un buon mediatore capace di dirimere accuse di “abuso di potere individuale”, molto spesso generate inconsapevolmente o frutto di incomprensioni familiari. Sopratutto può predisporre un piano di emergenza (“contingency plan”) spesso sottovalutato fin al momento in cui improvvisi eventi di salute, finanziari o operativi dimostrano troppo tardi che l’azienda non era attrezzata a casistiche sfavorevoli importanti. Può essere un negoziatore neutrale ed influente che prepara alla successione dell’imprenditore e quindi un complice competente del sogno imprenditoriale della sopravvivenza e prosecuzione intergenerazionale dell’azienda.Nel caso di società passata a fratelli e cugini, un manager esterno può apportare il contenuto gestionale e professionale mancante per tutelare la sopravvivenza strategica, garantendo processi e decisioni eque, superando le conflittualità familiari. Al contempo l’autorevolezza che nasce dal garantire la crescita di valore deflagrando potenziali conflitti renderebbe più facile il raggiungimento di accordi fra soci interessati alla gestione e quelli inattivi, preservando l’emotività che accompagna ogni separazione e conseguente suddivisione dei beni familiari.


Il supporto alla Governance nelle varie fasi di crescita e posizionamento strategico avrebbe diversi risvolti e benefici: nel caso della giovane impresa familiare mitigherebbe un eccesso di fiducia rispetto alla scarsità di risorse o mancanza di professionalità per tradurre operativamente intuizioni imprenditoriali brillanti.

Nel caso di imprese consolidate, focalizzate o diversificate, supporterebbe una valutazione obiettiva della diversificazione del rischio, accompagnandola con le competenze necessarie e considerando senza pregiudizio alcuno la possibilità di acquisirle dall’esterno, irrobustendo la squadra manageriale, oppure svilupparle all’interno. Al contempo garantirebbe quel pensiero strategico capace di superare le convinzioni dettate dal ciclo di vita corrente del mercato e dell’impresa (positivo e negativo) per puntare a investimenti convincenti che sappiano preservare il capitale familiare e mantenere il controllo nel lungo periodo.

In definitiva, la presenza di un leader fondatore che pensa con largo anticipo alla necessità di dotarsi di regole e progetti di Governance attraverso il supporto di un manager che fornisca competenze ed obiettività in momenti chiave quali la nomina dei successori, accompagnandone la crescita, può fare la differenza fra la sopravvivenza strategica della sua stessa società o la fine del sogno tanto ambito di conservazione generazionale dell’azienda.

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